Gli inchiostri atossici
Francesca Genna
Gli
inchiostri atossici o “ad acqua”costituiscono forse uno degli argomenti più
discussi di tutta la ricerca sui nuovi materiali per l’incisione sostenibile. In realtà gli inchiostri “a base acqua”
esistevano già prima di queste ricerche. Si trattava di inchiostri molto simili alle tempere, che non erano stati ritenuti adatti ai laboratori professionali per via dei tempi di asciugatura troppo veloce e della consistenza non adatta a penetrare le fibre della carta, ma più una specie di surrogato
per piccoli laboratori scolastici.
D’altra parte il principale problema nell'uso dei tradizionali inchiostri a base olio consiste nel fatto che per la pulizia
finale di matrici, attrezzature e piani di lavoro, si richiede l’uso di un solvente, problema che è poi stato considerato superato usando l'olio di semi alimentare. Quindi gli inchiostri in sé non costituiscono un nodo centrale nel
dibattito sui nuovi materiali. Eppure è quasi l’unico argomento di cui si
parla!
Per affrontarlo dobbiamo innanzitutto fare una distinzione tra i diversi tipi
di inchiostri di "nuova generazione" oggi in commercio. Bisogna precisare che non si tratta, come spesso travisato, di colori acrilici, i nuovi
inchiostri definiti "atossici" sono emulsioni proteiche lavabili con acqua e sapone, a seconda della ditta di produzione e della tipologia, possono essere a base olio o a base acqua, lavabili con acqua ma non sempre miscibili.
In Italia se ne trovano ormai
facilmente in commercio di ditte diverse e nel nostro laboratorio di Palermo abbiamo provato le
qualità offerte dai marchi : Akua,
Caligo e Charbonnel.
Gli inchiostri Akua sono gli unici ad essere definiti
proprio “a base acqua”. Susan Rostow e William Jung,
i due incisori-stampatori che ne hanno sviluppato la formula, dichiarano che nella composizione è presente soia e gomma arabica (polimero naturale in emulsione), perciò non presentano un aspetto plastico. Sono stati formulati dopo anni
di ricerca, sperimentazione e test, inizialmente per rispondere alle
esigenze della lavorazione del monotipo. E' soprattutto nella composizione dei
monotipi, che richiedono tempi lunghi di lavorazione, per cui è necessario diluire molto
l’inchiostro con i solventi respirandone i fumi, che si pone l’urgenza del problema della tossicità dei solventi. Successivamente sono state messe a punto diverse linee di inchiostri per l'incisione in cavo e rilievo, insieme a tutta una serie di additivi, trasparenti e modificatori vari.
La britannica ditta Caligo ha sviluppato ed immesso nel mercato
dal 2005 la linea Caligo Safe Wash Etching, una gamma di veri inchiostri a base olio “lavabili con acqua e sapone”.
Questa ditta aveva già una lunga storia di produzione di inchiostri
tradizionali per l’incisione ed ha voluto dare una risposta
alla domanda degli artisti di eliminare i solventi. È stato trovato un equilibrio tra
la lavabilità dell’inchiostro e la sufficiente resistenza a penetrare nelle
fibre bagnate della carta durante la stampa. I pigmenti usati sono gli stessi degli inchiostri tradizionali, resistenti alla
luce, ed il legante è l’olio di lino. La nomenclatura di "non-tossico" è testata dai tossicologi ed approvati
come AP (Approved Product) con il sigillo dell’Istituto per le Arti ed i
Materiali creativi.
Nel 2010, con qualche anno di
ritardo rispetto a quanto stava già accadendo sul mercato internazionale, anche
la famosa ditta francese Charbonnel presenta alla Fiera di materiali per Belle Arti di
Francoforte in Germania la sua nuova linea di inchiostri all’acqua. Sono inchiostri la cui base è una emulsione di olio che
permette di lavorare con le stesse modalità degli inchiostri tradizionali in tutte le tecniche
dell’incisione, ma lavabili per cui possono eliminarsi dalla lastra e
dagli attrezzi con acqua e sapone,. Il vantaggio principale offerto da Charbonnel è che ha
riprodotto la gamma dei neri (RSR, F66, 55981, 55985, ecc.) ben noti agli
stampatori, ed il prezzo è più basso di circa il 10%.
Secondo la nostra esperienza l’uso di questi
inchiostri comporta sia vantaggi che inconvenienti, ed il giudizio sulla bontà di questi nuovi prodotti dipende dal tipo di lavoro che si deve
stampare, mentre i vantaggi non sono tanto relazionati all'aspetto di minore tossicità, ma soprattutto alle possibilità di applicazione per la produzione di stampe sperimentali.
Questi nuovi inchiostri
rispondono benissimo, anzi meglio di quelli tradizionali, quando si tratta di
stampare le lastre di fotopolimero o più in generale le lastre di plexiglas e
materiali plastici, alcune acquetinte ed i monotipi.
Ma quando si tratta di matrici calcografiche con lavori segnici non sempre i
risultati sono buoni.
Un altro problema fondamentale è dato dalla permanenza della tinta sulla carta una volta seccato, sommergendo la stampa già fatta in acqua lo strato superficiale dell’inchiostro tende a dissolversi, cosa che con i vecchi inchiostri non succede. Anche se si possono mescolare sia tra di loro che con quelli tradizionali, non sempre reggono alle sovrapposizioni ed a volte tendono a cambiare colore.
Queste sono tutte problematiche che ancora non vengono messe in luce, basandosi il dibattito unicamente su fautori e detrattori mentre dovrebbe essere spostato più sulle esperienze di laboratorio che continuano a non essere abbastanza numerose per avere uno spettro sufficiente di casi su cui riflettere.
In una lettera pubblicata sulla rivista inglese Printmaking Today (“water-based inks” in “letters”; vol.21, no3, summer 2012, pp.4.) Pauline Meade, un'artista incisore dello Yorkshir, solleva il problema dicendo: "tutti questi inchiostri danno dei problemi: asciugatura troppo veloce/troppo lenta; incollatura alla carta; mancanza di trasparenza; consistenza variabile; ecc. Non sono comparabili con gli inchiostri tradizionali. Anche provando le alternative di additivi per trasparenze, durezza, asciugatura, ecc i risultati sono sempre frustranti . C’è qualche incisore o laboratorio che abbia realmente testato questi inchiostri a base acqua?”.
bibliografia
Pauline Meade, “Water-based inks” in Printmaking Today, vol.21, no3, summer 2012, pp.4.
Angela Brown, "Revolutionary new ink" in Printmaking Today, vol.16, no3, autumn 2007, pp.31.
http://www.akuainks.com/
http://www.caligoinks.com/
Pauline Meade, “Water-based inks” in Printmaking Today, vol.21, no3, summer 2012, pp.4.
Angela Brown, "Revolutionary new ink" in Printmaking Today, vol.16, no3, autumn 2007, pp.31.
http://www.akuainks.com/
http://www.caligoinks.com/